Stamattina sono in ritardissimo. Ho dimenticato di premere Invio.
Perciò la sto inviando ora dal posto 18A di un treno diretto a Bologna, dove modererò un evento sull’Agritech (cose fighissime tra l’altro).
Partiamo con le belle notizie. Grazie anche all’intervista a Ben Smith adesso siamo in più di 10 mila appassionati di Digital Journalism!!! Grazie a tutti voi che ogni settimana aprite questa mail destreggiandovi tra zii morti in Nigeria che vi hanno lasciato eredità milionarie e promozioni di prodotti blu. Daje.
📆 Ultimo posti per l’evento che sto curando con la 24Ore Business School: Come si racconta il cambiamento sui social. Sabato alle 17.
📆 Mercoledì 16 alle 18 sono a Cuneo a presentare il mio libro Sociability!
E ora cominciamo!
Il peccato originale del giornalismo italiano
Premessa. Uno dei peccati originali del giornalismo italiano secondo me è avvenuto all’inizio degli anni 10. Tutti i grandi giornali stavano iniziando a strutturare le loro redazioni online. Gli editori - alla ricerca di giornalisti che avessero anche capacità più tecniche - avevano due scelte: potevano prendere quei giovani giornalisti e integrarli e farli lavorare fianco a fianco con i giornalisti più esperti - meno bravi tecnicamente ma con più esperienza e competenza sulle basi del giornalismo.
In quel caso, le due categorie avrebbero potuto lavorare fianco a fianco e contaminarsi a vicenda. I giovani - scaltri tecnicamente ma con meno esperienza sulle basi del giornalismo - avrebbero potuto insegnare ai più senior i nuovi linguaggi, le prime forme di editing audio/video, i nuovi trend della rete. I più senior, a loro volta, avrebbero potuto insegnare ai più giovani le basi del giornalismo (come si trova una notizia, come si fa una fonte, come si fa un’intervista, ecc.). Avremmo potuto crescere una doppia generazione di Digital journalists pazzesca.
Invece, complici anche le rigidità dei giornalisti stessi (sia giovani che senior) abbiamo creato due compartimenti stagni, che hanno lavorato fisicamente in due stanze diverse, a volte ignorandosi, a volte facendosi concorrenza, a volte facendosi dispetti. Stiamo recuperando, ma abbiamo perso anni preziosissimi.
Che cos’è lo shadow board
Ora, ci aspettano anni duri, in cui ognuno di noi, che abbia un’azienda, ci lavori dentro, oppure sia freelance, dovrà sempre stare attento a innovare i suoi prodotti e il suo linguaggio. Serve contaminarsi e affidarsi a chi ha più esperienza.
Gli americani che hanno un nome per tutto, lo chiamano Shadow board, una sorta di «Consiglio ombra».
Un gruppo di dipendenti che lavora regolarmente e si contamina con i manager dell’azienda per creare e discutere le iniziative strategiche necessarie allo sviluppo dell’azienda.
Da una parte i giovani dipendenti si sentono più integrati nell’azienda, imparano i processi e assorbono alcuni pezzi della sterminata competenza dei manager. Dall’altra i manager ascoltano dai dipendenti più giovani i nuovi trend, i nuovi linguaggi digitali e diversificano le fonti di input.
Il caso Gucci
Prendete Prada e Gucci: due colossi della moda che hanno fatturato cifre giganti e in crescita, ma che a partire dal 2014 hanno visto le loro traiettorie divergere. Stavano arrivando sempre più i fashion blogger, gli influencer, la narrazione sui social.
I dirigenti di Prada, almeno all’inizio, non sono riusciti a capire l’onda in arrivo e a prenderla.
Gucci, d’altra parte, proprio a partire dal 2015 ha creato uno Shadow board composto da talenti più giovani che ancora oggi incontrano regolarmente il senior team e «gli fanno da sveglia», come ha spiegato il Ceo di Gucci Mario Bizzarri.
Sette anni dopo, Gucci è diventato uno dei brand più cool del mondo anche online (uno che sta pure bene su Roblox, per capirci) e dal 2014 al 2018 ha visto salire il suo fatturato del +163% a 8,2 mld €. Prada ha visto calare il suo fatturato del -11,5% a 3 mld €.
Nel 2017, il Ceo Patrizio Bertelli ha fatto un sincero e apprezzabile mea culpa: «Abbiamo capito tardi l’importanza del digitale e degli influencer».
Trovate un bel po’ di esempi di innovazioni portate dagli shadow board qui. Intanto, ecco, a me questa cosa ha ispirato tantissimo. E spero che anche tutte le realtà editoriali italiane si riempiano di shadow board.
🍻 5 posti per lavorare a Milano
Sarà che sempre più diventate freelance, sarà che sempre più fate smart working almeno un giorno a settimana, mi avete chiesto qualche dritta su locali per lavorare a Milano. Tema di cui modestamente sto diventando influencer di riferimento per il Sud Europa. Eccone 5, uno per zona.
Hug (zona Nolo)
Posticino di cuore, è diventato un centro vitale della vita di quartiere di Nolo. È un co-working con bar e ristorante molto molto accogliente.
Tip 👉 se ci andate, stateci tanto. Chiacchierate con la coppia che lo gestisce e immergetevi in tutti i pettegolezzi della vita di Nolo.Lù-po (zona Isola)
Locale dal design un po’ scandinavo di fianco a via Barbieri.
Tip 👉 questo è l’ideale per i lavori a tarda sera, visto che apre alle 18.30. Ma ne vale la pena. Dopo, se avete ancora fame, andate a mangiare tapas e vino all’Ajo Blanco, che sta lì di fianco.Milano Roastery (zona Porta Romana)
Caffetteria «legnosa» a due piani, molto tranquilla, nel cuore di Porta Romana.
Tip 👉 provate i loro tipi di caffè.Annares (zona Loreto)
Una bella libreria-caffè, dai ritmi belli calmi.
Tip 👉 se volete lavorare tranquillissimi o fare riunioni, prendete il tavolino sul retro.Iter (zona Navigli)
Il-mio-bar-preferito. Quello dove ho scritto metà libro e quello dove vado ogni volta che voglio lavorare bene e sentirmi a casa.
Tip 👉 prendete il posto al bancone che fa ad angolo, il mio posto preferito. E non venite fino a qui per ordinare lo Spritz. Fatevi fare uno dei loro fantastici cocktail.
🙌 Pezzi belli belli
🎧 Spoiler: ho lavorato come autore al podcast One More Time per due stagioni perciò sono di parte. Ma questa intervista merita il conflitto d’interessi: è fatta a questo ragazzo che sicuramente vi sarà comparso nel feed Instagram o TikTok, mentre vi insegnava a diventare ricchissimi. Ecco, premesso che io non gli darei una mia lira, per la prima volta parla di se stesso: tra rapporti con il padre ed esperienza da buttafuori…
🧑💻 Stai pensando di fare quiet quitting? Forse non è la soluzione migliore…
✂️ Ci piace molto Alessandro Barbero che blasta la cancel culture.
🚨 La semplicità grafica alla sua raffinatezza massima: il New York Times ricostruisce come i Repubblicani hanno amplificato le fake news sull’irruzione a casa del marito di Nancy Pelosi.
⚒ Tools & How-to
Da nerd dei programmi mail, c’è questo Kanban che è parecchio originale: ti fa ordinare le mail non in ordine cronologico, ma come fosse un software di management.
Animoto, per farti video facili facili.
Lavorare con le canzoni Lo-fi di Bo Burnham, check.
Come, dico come fare la to-do list.
💵 Work
Fanpage cerca Videoreporter.
Geopop un autore.
Treatwell un Content editor.
Auge un Copywriter.
LeFonti pure.
Today vuole un Giornalista sportivo.
Bebit un Social media manager.
Daje. Ci vediamo la prossima settimana!
Anche io spingo sugli orari da pausa pranzo finita da poco, infatti ero ancora in quella fase "ok dai ora mi metto al lavoro" ma mi è rimasta impressa la newsletter e a differenza di altre volte, l'ho rimessa da leggere, cosa che tendo a scordarmi e per cui me ne sono perse un paio.
Alla pausa pranzo di oggi, taaac lettura della newsletter di Fra Oggiano.
Ecco sui posti dove lavorare a Milano, ottimi, mi sa che se faccio tardi mi trovi in Isola
Bellissima questa di oggi, per quanto mi riguarda dovrebbe inviarle tutte a quest'ora! Magari per la prossima può indicare i luoghi più indicati per lavorare a Roma? Ne suggerisco uno: Vero food all'Eur! Grazie