Ecciao, oggi sono 34 anni dalla caduta del Muro e mi piace raccontare la storia del giornalista italiano che fece cadere il Muro.
Mi piace molto, dico, perché in questo mese ho visto molti insulti ai giornalisti sui social: disonesti, venduti, ridicoli.
I giornalisti sono una brutta razza: vanno criticati costantemente per far funzionare loro e una buona democrazia. Ma molto meglio criticarli dopo averli letti, ascoltati e approfonditi.
Chiamarli disonesti senza specificare la truffa, venduti senza specificare la compravendita e ridicoli senza specificare la battuta equivale a lanciarsi in insulti che non fanno bene né alla democrazia né a quei matti che ogni giorno a provare a raccontare - a volte riuscendoci a volte meno - pezzetti di storie.
Come l’italiano che con le sue domande fece cadere il Muro, che ho voluto riraccontare e che ci piace tanto e che magari riracconteremo pure l’anno prossimo e così se ci va pure domani e magari dopodomani e con tanti kissini ai leoncini da tastiera ❤️❤️❤️
E ora, cominciamo!
Si chiama Motaz Azaiza
Il 7 ottobre aveva 25 mila follower su Instagram
Oggi ne ha più di 13 mln
Ne guadagna 400k al giorno. Nella sola giornata del 28 ottobre ne ha presi 1 mln. Forse la persona cresciuta più rapidamente nella storia recente dei social.
📸 Il fotografo di Gaza
Perché dal 7 ottobre, giorno dell’attacco terroristico di Hamas, è uno dei pochi creator e fotografi rimasti a Gaza con una fotocamera in mano. Ogni giorno Motaz scende in strada e si trova davanti, purtroppo, soggetti da fotografare e raccontare al mondo a ogni angolo di strada.
Bambini e macerie, per lo più, immortalati con foto o dronate, spesso in campo largo, e alternati recentemente a qualche foto di se stesso sul campo: almeno 1 mln di like a post.
👨💻 Classe 1999, laureato in lingue
Classe 1999, Motaz nasce e cresce a Gaza City.
Si laurea all’Università Al Azhar in Lingua e letteratura Inglese, ma intanto scatta foto per passione. Collabora con piccole realtà editoriali e con l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Nel 2021 racconta sulla pagina i bombardamenti a Gaza, ma le sue foto non diventano virali. Finito il conflitto, torna al suo stile preferito: scenari quasi da cartolina da Gaza, con «bambini che giocano, anziani che sorridono, famiglie riunite, la natura, il mare, la mia bellissima Gaza».
🌇 Fotografo di guerra per caso
Il 7 ottobre, cambitto.
Motaz è dei primi ad arrivare nel quartiere di al-Rimal di Gaza appena bombardato dagli israeliani. E lì inizia a scattare tutto quello che può. Presto diventa riferimento social per chi vuole vedere immagini dalla Striscia.
Non è il solo. Molti altri giornalisti e creator residenti nella regione hanno visto una crescita impressionante del loro seguito (uno dei tanti indizi della poca credibilità della voce di una censura politica da parte di Meta, ma vabbè):
Plestia Alaqad, giornalista che ha collaborato con la Nbc 👉 +2,1 mln
Mohammed Aborjela, digital creator 👉 +230 mila
Ali Jadallah, videomaker 👉 1,1 mln.
😱 La crescita sui social
Ma nessuno è cresciuto quanto lui. La forza di Motaz è forse il suo essere all’interno del conflitto stesso e non nascondere il suo attivismo.
Nel suo profilo non vediamo solo le sue foto: vediamo sempre più lui, che fa le sue foto. Lui che con la pettorina si aggira per le macerie di Gaza e - nella caption o nel videoselfie - racconta la sua disperazione. «Sono davvero preoccupato», «Mi mancano i buongiorno», «Non sento che arriverò alla fine».
🇵🇸 Conclusione
Mowmag ha cercato di rispondere alla domanda se ci si possa fidare ciecamente di lui:
«È una sorta di reporter embedded e diffonde contenuti - indubbiamente di qualità e reali - ma altrettanto di parte. Ovvero, non offre - forse perché non può nemmeno farlo - una visione a 360 gradi del conflitto in corso.
Nè dà ai suoi follower uno spunto critico su tutto quello che ci sarebbe da dire su un’organizzazione come Hamas, ad esempio. Nulla di male, s’intende: non è il suo ruolo […]
L’importante è essere consci e consapevoli che per avere una panoramica più ampia di ciò che accade, non si ci può limitare ai suoi video strazianti. Serve (anche) altro per capirci qualcosa».
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