Ma buongiorno! Spero tutto bene.
🍷 Sto provando per la prima volta tale Dry january (vabbè ho iniziato il 7). Come mi ha detto un amico sprezzante mentre portava la birra alla bocca: «Sei un c..zo di figlio dei trend social» 🤣 Quanti come me? Siamo a metà, vi aggiorno
📅 Devo dire che forse questo è il più bel peggior mese dell’anno della mia vita.
Ho sempre considerato gennaio il mese più triste dell’anno, fatto di nebbia, freddo, feste passate finite e future lontane. Ma questa volta non so perché lo sto vivendo molto meglio.
Perciò grazie a tutte le persone - dentro e fuori la Rete - che ogni giorno mi danno motivi di felicità.
📲 Oggi Digital Journalism è supportata da Open Pay Later, strumento per far pagare i propri clienti a rate.
E ora, con una mirabolante illustrazione di Yoonik, agenzia di talent e project management dedicata al mondo dell'illustrazione, e della sua artista Feduzzi - partiamo!
Adoro le storie di canzoni.
Quelle degli album e quelle di artisti sconosciuti.
I miei preferiti sono quelli che sono durati il tempo di un album, per poi scomparire da qualche parte.
Come Fred Neil, che dopo aver scritto quel capolavoro di Dolphins lasciò tutto per lavorare in un’associazione per la salvaguardia dei delfini. O Come Lewis, l’artista che dopo un album strepitoso come L’Amour sparì nel nulla senza neppure pagare il fotografo che gli aveva fatto la copertina dell’album.
🎶 La crisi di Pitchfork
Storie come queste le ho lette su testate giornalistiche pazzesche, e in particolare su Pitchfork.
Creato nel 1996 da un impiegato in un negozio di dischi di Minneapolis, è stato dagli anni 2000 uno dei siti musicali più influenti del panorama. È fatto di recensioni spietate, ricostruzioni dettagliatissime, curatela pazzesca e spunti originalissimi.
Come ha annunciato Anna Wintour, dopo 28 anni di storia Pitchfork verrà fuso in GQ, mensile della casa editrice Condé Nast.
Negli Usa diversi scrittori e giornalisti hanno scritto delle elegie funebri a un pezzo di storia. Sul New York Times Ezra Klein ha scritto che sulla home del telefono aveva un’icona con link diretto alla pagina di recensioni di Pitchfork: «È uno dei pochi angoli dell’internet che amo»
👉 Pagina stupenda con gli highlights di 28 anni di recensioni di Pitchfork.
Su Platformer il mio mito Casey Newton ha scritto un pezzo stupendo, in cui fa un’autopsia: «Come le piattaforme hanno ucciso Pitchfork». Proviamo a capire i motivi:
1) La crisi generale della pubblicità
In un periodo in cui la maggior parte della pubblicità online è sempre più dirottata verso Google, Meta e Amazon, le pubblicazioni più piccole che non hanno diversificato le fonti di entrata stanno faticando a sopravvivere.
Solo negli ultimi 12 mesi hanno chiuso o sono state fortemente ridimensionate BuzzFeed News, Protocol, Gawker, Sports Illustrated, Huffington Post e Vice.
«Pitchfork è il primo sito a chiudere nel 2024, ma non sarà l’ultimo», dice Casey.
2) I risultati AI dentro Google
Grazie all’AI generativa Google sta raffinando sempre di più le risposte alle nostre ricerche che ci offre direttamente al suo interno.
Grazie a Snippet testuali, Knowledge graph, Google è sempre più brava ad accorciare il nostro percorso e farci rimanere al suo interno.
Più tempo di permanenza significa più informazioni, più dati, più pubblicità, più soldi. Ma pure meno visite per i siti web.
Specie per quelli che parlano di consumi culturali
3) L’arrivo di Spotify
«Pitchfork è diventata popolare svolgendo un servizio per i suoi lettori: setacciare il panorama musicale per dire loro ciò che valeva la pena ascoltare» e non sprecare 20 euro per comprare un Cd che si sarebbe rivelato orribile. «Evidenziando la musica per cui valeva davvero la pena spendere soldi – e la musica per cui non lo era – ha aiutato il pubblico ad espandere i propri orizzonti musicali e a risparmiare denaro allo stesso tempo».
Poi, però, è arrivata la musica gratuita: Napster nel 1999, Itunes nel 2003 e Spotify nel 2006: un jukebox con tutta la musica gratuita del mondo.
«Prima di Spotify, davanti a un nuovo album ci chiedevamo: perché ascoltarlo?
Dopo Spotify ci siamo chiesti: perché no?»
Perché leggere le recensioni per capire se un album ci piacerà, quando possiamo ascoltarlo direttamente con un click e valutarlo subito?
4) L’arrivo della playlist fatte con l’AI
Per un po’ Pitchfork ha tenuto botta. Ha iniziato a creare rassegne di ascolti e a raccontare pietre miliari del passato, per posizionarsi sempre più come «curatore della storia musicale».
«Ma poi è successo qualcosa di inaspettato: Spotify, a suo modo, ha assunto anche il ruolo di storico e curatore.
Nel 2020 il CEO di Spotify Daniel Ek ha annunciato che la società avrebbe posto maggiore enfasi sui consigli personalizzati e basati sull'apprendimento automatico per incentivare gli ascolti. Su Spotify troverai playlist personalizzate basate sull'intelligenza artificiale. E sempre più spesso l’intelligenza artificiale svolge il ruolo che una volta aveva Pitchfork».
❤️ L’importanza delle storie
Confermo, l’ascolto della playlist Release radar del venerdì e della Discover Weekly del lunedì sono ormai due appuntamenti fissi per me.
«Ma per quanto sia diventato bello, non riesco a ricordare l'ultima volta che mi ha indicato qualcosa che non mi sarei mai aspettato che mi sarebbe piaciuto, ma di cui alla fine mi sono completamente innamorato.
Per questo avevi bisogno di qualcuno che potesse andare oltre i dati per raccontarti la storia: dell'artista, del genere, della musica che hanno realizzato. Per questo avevi bisogno di critiche».
Per innamorarti davvero delle canzoni avevi bisogno di storie. Che Pitchfork ti scriveva da Dio.
📲 Dalla curatela personale alla raccomandazione algoritmica
Il fallimento di Pitchfork è indicativo di qualcosa: ci stiamo spostando dall’internet costruito attorno alla curatela personale a un internet costruito attorno alla raccomandazione algoritmica.
«Il valore della cura», ha scritto Ezra Klein, «non è solo dirti cosa consumare. È darti quelle informazioni e insight su come funzionano le cose. Richiede tempo e lavoro per presentare determinate idee o oggetti o canzoni nel contesto che meritano. E ho paura che quello si stia perdendo nell’internet contemporaneo. Questo è quello che faceva Pitchfork, e ora s’è perso. Mancherà. E ho paura che non sarà sostituito».
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✍️ Post Scriptum
Il link più cliccato dell'ultima newsletter è il pezzo bello bello 🎨 Un’artista ha creato una mappa interattiva per comprendere come ti senti realmente.
E con questa vi lascio e ci sentiamo giovedì!
Articolo molto interessante, per me soprattutto perchè sono un collezionista di vinile. Però da quando è uscito iPod ascolto musica in digitale (molta rippata dal vinile) e da 50 anni seguo tante riviste musicali.
Io ho provato dry january l'anno scorso e il mio consiglio è di andarci piano il 1 Febbraio... io sono stata male per diversi giorni :/ molto più salutare veganuary, provato 4 anni fa e sono vegetariana da allora, vegana nelle mie settimane migliori! :)