Cosa intendo per «performattivismo» social
I social stanno cambiando l'attivismo: i simboli stanno diventando parecchio importanti
Ecciao!
Questa settimana, tra pronomi da usare per la Presidente del Consiglio, attivisti che rovesciano zuppe sui quadri e assoluzione di Kevin Spacey, ho pensato tantissimo a un tema che mi fa volare: quello dell’attivismo social.
Iniziamo!
Ci sono almeno due grandi cambiamenti che i social hanno portato all’attivismo.
1. Grazie ai social l’attivismo non contempla più necessariamente quello che per secoli ha avuto come requisito: un’attività fisica.
I social hanno portato la progressività dell’attivismo: posso fare attivismo contro l’abbattimento di un albero non più soltanto incatenandomi a un albero, ma condividendo una storia su quell’albero, divulgando un carousel informativo, firmando una petizione, e così via.
Ed è una cosa bellissima!
2. Sui social l’attivismo – un tempo azione collettiva – viene più naturale come momento individuale.
Sì, certo, ci sono le catene, gli hashtag e le challenge, ma è un fatto che i social si prestino ad azioni riprese individualmente. Molto più naturale e semplice comunicare una buona azione per il clima con una scelta d’acquisto al supermercato ripresa al cellulare che documentare l’attività di raccolta firme dei volontari della determinata associazione all’angolo tra corso Garibaldi e viale Matteotti alle undici del mattino.
Sui social ogni lotta può essere più facilmente declinata sul sé, ogni ideale può essere personalizzato nel proprio feed.
Secondo Jia Tolentino, con i social la mostra di virtù è direttamente monetizzabile. Essere buoni e attenti alle cause «giuste» paga. La nostra identità, raffinata attraverso le performance attiviste, è capitalizzabile. Con i social abbiamo un palco e un pubblico, prerequisiti per ogni performance.
Che cos’è il «performattivismo»
Ovviamente ognuno fa quel che gli pare, ed è questo il bello di internet. A volte secondo me più che di attivismo si può parlare anche di quello che io chiamo «performattivismo»: una crasi tra performance e attivismo.
Nelle sue versioni di performattivismo, l’attivismo basta a sé come lifestyle, come autodefinizione in bio, come autonarrazione identitaria.
Sono un attivista green perché fotografo la mia borraccia. Sono femminista perché nelle mie stories attacco meglio degli altri gli accusati di molestie. Sono un attivista per i diritti civili perché ho la bandiera arcobaleno in bio e ho fatto un Reel virale contro gli avversari.
E per questa mia identità, sarò ricompensato. In termini sociali, tramite like e live. E, se la mia identità di attivista raggiungerà un pubblico considerevole, anche in termini economici, tramite sponsorizzazioni con i brand.
Da qui la conseguenza:
sui social ci viene molto più facile fare l’attivismo coi simboli.
Conclusione
Ora, evviva le borracce, le mobilitazioni tramite hashtag, l’aria condizionata abbassata, le bandiere arcobaleno e tutto il resto. Davvero. Adoro e considero fondamentali i simboli, è anche e soprattutto con essi che abbiamo cambiato la storia.
Ma i simboli sono fondamentali perché sono appunto simbolici di qualcosa di concreto a loro sottostante (una proposta di legge, una richiesta di cambiamento concreto, una campagna politica).
Per i prossimi mesi prevedo - sui social e fuori - tanto attivismo e lotte.
Se i simboli rimarranno l’unico obiettivo di campagne social (o campagne di opposizione politica) che in essi si esauriranno, personalmente li considererò buoni soltanto per le cover dei cellulari e per fare engagement.
Ps. per chi vuole approfondire, c’è questo articolo di Buzzfeed, in cui 5 attivisti climatici consigliano i TikToker green su cosa fare per l’ambiente di concreto oltre che risparmiare sui vestiti (spoiler: quasi tutti consigliano di iscriversi a collettivi locali di attivisti che fanno lotta sul campo).
🧑💻 La domanda della settimana
Subject: Che programmi usi per organizzarti?
From: Silvia, 45 anni, fotografa
Da persona che, come te, crea contenuti mi stavo chiedendo come ti organizzi praticamente x fare il tuo lavoro, scrivere la tua newsletter.
Re: Che programmi usi per organizzarti?
Provali tutti. Quando trovi quei pochi che fanno per te, insisti e tieniteli (Tools metafora dell'amore). Al momento molto semplice, ti do i 5 di cui non potrei fare a meno:
- Google Calendar per la vita, per programmare il giorno che voglio (e non quello che devo).
- Notion per strutturare i progetti editoriali più grossi e gestione bruocratica/finanziaria.
- Note di Apple per bozze di appunti e scrittura.
- Google Doc per scritture più lunghe come script e libro.
- Pocket per salvarmi gli articoli.
Inizia da questi e buon lavoro/vita!
🙌 Pezzi belli belli
💔 Bel progetto, un po’ cringe, di una ragazza che si è filmata nei 3 mesi successivi a una rottura sentimentale.
👘 Ma che è successo a Shein?
🖌 Nessun genio ha mai lavorato da solo.
💻 5 anni di freelancing in 2 minuti.
🤦♂️ Chi è quest uomo qui.
👼 Meme invecchiati. Una pagina Twitter.
⚒ Tools & How-to
Bellissima pagina per capire i segreti della tipografia!
XTiles, per organizzare note in maniera visiva.
Ma facciamoci le favicon, cioè le icone che vedete in alto a sinistra delle url.
Scorciatoie. Scorciatoie da tastiera per Pc e Mac.
💵 Work
(sei un’azienda e stai cercando una figura della comunicazione? Scrivimi a questa mail e possiamo provare a mettere il tuo annuncio personalizzato qui)
Elzevirus cerca un Redattore.
Telus un Media specialist.
Chaberton un Content specialist.
Kevin vuole un Copywriter.
ScuolaZoo un Video editor.
Cortilia un Social media.
Buon ponte.
Ci vediamo giovedì, se tutto va bene con una bombetta!