Ma buongiorno! Spero tutto bene.
⚽️ Oggi Digital Journalism è supportata da The SpoRt Light, testata di approfondimento sportivo
✍️ In questi giorni sto dibattendo un sacco con i colleghi di quello che sta succedendo, e immagino anche voi. Credo che qui ci sia un convitato di pietra: un certo modo di fare giornalismo
Percio, ora, con una fantastica illustrazione di Yoonik, agenzia di talent e project management dedicata al mondo dell'illustrazione, e della sua artista Feduzzi - parliamone!
💍 Il video da 90 mln views
Avrete visto anche voi questo video. Un ragazzo e una ragazza in via Condotti, a Roma, durante le Feste. Lui si inginocchia, tira fuori un anello, le fa una proposta di matrimonio e si becca un No: «Ma che c…o fai, non ero pronta».
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Il video fa parte di quel filone delle proposte finite male, ma stavolta è particolarmente perfetto.
Ha fatto 90 milioni di views
È stato ripreso da tutti i giornali
Ha scatenato dibattiti
Peccato che fosse tutta una bufala
E noi ci siamo cascati in pieno.
📩 Una bufala Made in Italy
Nei giorni scorsi sono stato raggiunto in mail dall’ideatore del video. Si chiama Valerio Ulivieri ed è il ragazzo che nel filmato veste i panni dell’aspirante sposoo. 23 anni, laurea in Legge e politiche europee, vive a Londra dove lavora da poco nel campo della comunicazione.
«Con degli amici ci stavamo interrogando sulla ricetta della viralità, e su come la ricerca di questa possa sfociare in cringe, clickbait e mancanza di verifiche. Così abbiamo provato a fare un esperimento social(e).
Ci siamo chiesti: cosa attira di più a livello di contenuti social durante le Feste?
L’amore
Il cringe
Una proposta di matrimonio (amore) ma rifiutata davanti (cringe) era la ricetta perfetta.
Funziona. Pubblicato il 23 dicembre, fa il botto, nel giro di poche ore fa il botto. Il 27 dicembre - con le redazioni tornate dalla pausa natalizia e a caccia di contenuti - compare su quasi tutte le testate italiane e su alcune internazionali.
✋ «I giornali aggiungevano dettagli falsi»
Valerio viene contattato via mail soltanto da due testate: «Il NY Post e il Daily Mail hanno dato entrambi la notizia e mi hanno chiesto se volevo farmi intervistare». Per il resto niente. E c’è questa cosa molto interessante che mi fa notare:
«Man mano che uscivano gli articoli notavo come i giornali si copiassero l’incipit a vicenda.
Ma ogni giornale che arrivava - forse per cercare di distinguersi - aggiungeva qualche dettaglio mai verificato e ovviamente inesatto, magari preso dai commenti sotto al video stesso!
Per esempio, nel video si intravede un cantante di strada che si sta esibendo durante la proposta: dopo qualche ora, i giornali hanno iniziato a scrivere che era stato pagato dallo sposo.
Alla fine la fake news era stata ingigantita di 5 volte».
Qualche ora dopo pubblica sul suo canale TikTok un nuovo video in cui rivela la bufala (che, va detto, ha avuto risonanza mediatica impalpabile): a organizzare tutto sono stati in quattro amici. «La ragazza che nel video rifiuta la proposta è una mia amica, che sta facendo uno stage in una banca».
🤨 «E se il contenuto fosse stato pericoloso?»
Ora, il contenuto di una proposta finita male è uno di quelli mediamente inoffensivi. Ma forse qui dovremmo interrogarci su un metodo di lavoro che da 10 anni diamo per accettato nel giornalismo.
La ricerca della viralità a scapito di quella della verifica
Perché anche attorno a quello che sta succedendo il punto di partenza potrebbe essere una riflessione più ampia sulla notiziabilità di certi fatti e sulla verifica dei fatti stessi. Che va fatta prima di pubblicare, mica dopo, mica da altri.
«Se invece di un semplice video di una proposta di matrimonio avessimo diffuso fatti riguardanti un partito politico, un’istituzione o un’azienda, il fact-checking sarebbe stato condotto in modo più accurato?».
🚨 Cosa possiamo fare
Valerio mi lascia con un interessante riflessione: «Viviamo una realtà in cui il clickbait e la viralità sono diventati i presupposti per rimanere rilevanti nel panorama delle notizie a discapito della verità e dell’approfondimento giornalistico. Nel 2024 i giornali sono “vittima” del mondo dei social?».
Ci aspetta un anno bello intenso, tra elezioni Europee, guerre in corso, una polemica ogni giorno e l’elezione dell’uomo più potente del mondo. Un anno in cui dovremo parare fake news, f..k news, fotomontaggi, stupende creazioni AI, e tante altre palle.
Forse la cosa utile che possiamo fare è interrogarci - oltre che sulla condotta di tutti gli altri - pure un po’ sul metodo di lavoro di noi stessi.
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E con questa vi lascio e ci sentiamo giovedì!
Ma la cosa strana non dovrebbe essere che tante testate, italiane e non, abbiano ripreso la "notizia"? Cioè ma... chissenefrega? ^^'
Riguardo l'articolo su Marco Aurelio scritto da Ryan Holiday segnalo una lunga ma bellissima intervista all'autore nel podcast: The diary of a ceo