Tu li vedi i video delle borseggiatrici?
Forse sono la versione social de Le Iene
E buongiorno!
Oggi mi sono svegliato tardi, ma sto continuando l’esperimento di alzarmi alle 6 (in maniera molto altalenante, vi aggiorno).
Intanto stasera ci vediamo con chi c’è a Milano all’evento sul giornalismo dall’agenzia IMille.📆 Venerdì 24 invece ci vediamo ad Alessandria: assieme a Emilio Mola presenteremo i nostri libri (Sociability e Ripartiamo dalle basi). Qui per registrarsi.
E ora, cominciamo!
Mi ha colpito molto il dibattito sulle pagine che pubblicano i video delle borseggiatrici in metro.
A Roma c’è Romafaschifo, A Milano Milanobelladadio, in Puglia Welcometofavelaspuglia E in tutta Italia (e il mondo) una miriade di pagine locali che su Instagram, TikTok e Telegram, che pubblicano immagini amatoriali di cronaca nera e violenza cittadina (risse, furti, rapine, ecc.).
Forse sono la continuazione della cronaca nera con altri mezzi (più o meno legittimi).
La versione social del metodo Striscia La Notizia.
La trasposizione underground dello stile Iene.
Forse la ripetizione quotidiana e martellante di un format con cui siamo cresciuti a cena davanti alla Tv: l’inseguimento del colpevole (vero o presunto ci ha sempre fatto poca importanza.
Le pagine sono gestite da ragazzi parecchio svegli, dotati di senso della notizia e del titolo. Capaci di usare le piattaforme e monetizzare con promozioni e organizzazione di eventi sulla città. E ormai dotati di una rete capillarissima di informatori pronti a segnalare in tempo reale la presenza di possibili «notizie».
Il successo di MilanoBellaDaDio
La più famosa è forse MilanoBellaDaDio. È stata fondata nel 2019 da un milanese 26enne, laureato in Psicologia al San Raffaele e in Consumer Psychology a Cambridge, ma è decollata quando ha iniziato a filmare con regolarità le borseggiatrici a bordo della metro della città.
Nicholas, che filma le borseggiatrici
Il booster è stato Nicholas Vaccaro. 18enne, è lui a inviare alla pagina i primi video dei borseggi. Ex tesserato di Fratelli d’Italia, dice di non cercare una carriera politica e si definisce «un volontario per la sicurezza»: «Non guadagno soldi, se non i grazie della gente». È un impiegato in una società di sicurezza. Ogni giorno sta alla reception di un’università di Milano a controllare gli ingressi. Poi, quattro giorni a settimana, scende nella metro: Cadorna, Loreto, Centrale le stazioni più quotate.
Siamo tutti figli de Le Iene?
Nicholas e gli altri ripetono un po’ un format che per anni abbiamo visto fare agli inviati di programmi come Le Iene e Striscia: seguono le borseggiatrici con il cellulare puntato in faccia come arma deterrente; le inseguono fino allo sfinimento per la metro, ne segnalano la presenza ad alta voce (o a volte con un megafono o cartelli) agli altri passeggeri. E infatti presto alla compagnia si aggiunge Valerio Staffelli, king del format, con cartelli che secondo Wired «ricordano i manifesti “Wanted” del Far west».
La critica della consigliera: «Violenza»
Era questione di tempo. Prima o poi qualcuno avrebbe criticato il metodo. A farlo lunedì 13 marzo è stata la consigliera milanese del Pd Monica Romano. «Questa è violenza scambiata per senso civico».
Intellettualmente onesta, le va dato atto. Dichiarazioni del genere difendono un principio sacrosanto, sì, ma da applicare a una delle categorie di criminali più odiate dai milanesi: difficilmente ti portano voti.
Come prevedibile, nel giro di poche ore la consigliera viene sommersa di insulti dai cittadini e da critiche da partiti più di destra come Lega e Fratelli d’Italia.
Ora, c’è la testa e c’è la pancia degli utenti, ben rappresentata in questo video pubblicato dalla stessa pagina MilanoBellaDaDio, in cui una ragazza e una donna rispettivamente criticano e applaudono il metodo usato.
Quando lo Stato perde
Partiamo dalla pancia. Nicholas ha raccontato come in passato lui e i suoi compagni abbiano denunciato i furti alle forze dell’ordine, allegando tutti i video: «Dicono che ne sono al corrente. Stop». È così. I canali di queste pagine vengono costantemente monitorate da giornalisti e investigatori, visto che di fatto rappresentano un database pazzesco. Ma per i borseggi non si può fare niente.
Perché non vanno in galera
Articolo 146 del Codice penale. Una persona non può scontare la pena se è incinta o madre di un bambino fino a un anno di età.
Le giovani borseggiatrici «sono un anello di una catena criminale (anche di sfruttamento delle ragazze) nel quale i clan conoscono le regole basilari del diritto. E quindi, soprattutto in giovane età, fino a oltre i 20 anni, quasi sempre le ragazze si trovano in gravidanza o hanno da poco avuto un bambino. E questo assicura a loro (e ai loro sfruttatori) che pur se arrestate in flagranza verranno rimesse in libertà».
Qualche anno fa nel metrò di Milano è stata fermata una giovane borseggiatrice che, all’età di 26 anni, aveva già a suo carico un cumulo pena definitivo di quasi 25 anni.

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Il cellulare come deterrente
In alcuni luoghi di Milano - quelli sottoterra - poche persone agiscono indisturbate e spavalde, facendo di quei luoghi il proprio ufficio. Perché lo Stato non riesce strutturalmente a intervenire in maniera efficace (e mai riuscirà a farlo senza una modifica della legge).
E visto che il potere ma pure la speranza non conoscono vuoti, quando lo Stato non c’è, il potere viene preso dai criminali e la speranza affidata a quelli col cellulare.
Quelli che, in quello che molti definiscono linciaggio, riprendono, pubblicano e inseguono le borseggiatrici (che spesso ci pensano da sole a pubblicarsi). Se ci pensate, è la cosa più istintiva che ci viene da fare quando sul momento non abbiamo il potere di fare altro: tirare fuori il cellulare e riprendere l’altro. Un gesto che, insomma, dovremo regolamentare meglio.
A Milano i reati sono in calo da 10 anni
Poi c’è la testa. Che ci dice come a Milano non ci sia emergenza. I reati sono in calo da oltre 10 anni. Nel 2021 sono stati 194mila (6 mila ogni 100mila abitanti, città con più denunce), in calo del 12% rispetto al 2019. Gli stessi furti sono in calo: nel 2011 erano 162mila, nel 2019 120 mila.
E che ci dice come forse la soluzione sia nella presenza più forte di uno Stato e nel ripudio di ogni linciaggio. E che insomma, per quanto siano attraentissimi da vedere, è arrivata l’ora di iniziare a lasciarsi alle spalle gli inseguimenti, le urla e le telecamere piazzate in faccia.
E non portarcele pari pari, dalla Tv ai social.
Cosa dice il Garante per la privacy
Uno dei commenti più autorevoli viene da Guido Scorza, componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali: «Come spesso accade, il modo peggiore per affrontare storie come questa è ponendo in contrapposizione il diritto alla sicurezza e il diritto alla privacy. Non stiamo discutendo di lasciare privi di difesa i cittadini borseggiati per difendere la privacy dei borseggiatori, ma che esistono modi altri per difendere i cittadini da certi rischi.
Quei video possono anche essere fatti nella misura della denuncia perché arrivino alle forze dell’ordine così che facciano il loro lavoro, ma non perché finiscano spiattellati su un social network, di fatto invitando a forme di auto-giustizia e anzi facendo già autogiustizia attraverso la pubblicazione».
💡 Cool Creators
Chi è 👉 Cole Walliser, regista di video musicali canadese.
Che numeri ha 👉 2,5 mln su Ig.
Che cosa fa 👉 Video in slow motion alle star.
Mi ha colpito perché 👉 Ogni suo video è uguale e diversissimo, un misto di backstage e perfezione tecnica. Impossibile trovarci un frame di troppo.
🙌 Pezzi belli belli
👱♀️ A proposito di vittimismo sui social, Paris Hilton dà una bella lezione al principe Harry (io mica lo sapevo quello che ha passato Paris).
🥺 Rivalutiamo tutti insieme la nostalgia, antidoto alla tristezza.
🤳 L’orda delle celebrity che diventano brand. «La celebrity economy è, negli anni Venti, qualcosa che muove un enorme ecosistema fluido, in cui la massima monetizzazione delle proprie audience è perseguita con ogni mezzo a disposizione, un trend da far impallidire la televisione lineare, i “malvagi” pubblicitari “tradizionali”».
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Daje,
torno a lavorare e ci sentiamo giovedì.