E buongiorno!
Oggi newsletter in ritardo perché ieri sono stati pieno di riunioni per il Digital Journalism Fest.
È il primo Festival che organizzo in vita mia: sarà un evento in primavera a Milano, aperto a giornalisti, comunicatori e appassionati di informazione. In queste settimane stiamo facendo il duro ma necessario lavoro di trovare i primi brand partner del Fest.
Ovviamente, se ti occupi di marketing, brand sponsorship, promozione e pensi che il tuo brand sia in linea con questa fantastica community qui, scrivimi su francesco.oggiano@gmail.com e parliamone ok?
Basta premesse e ora cominciamo!!!
Visto che è la Giornata della salute mentale, volevo riparlare dei problemi psicologici che possono colpire i lavoratori digitali, raccogliendo alcuni spunti passati e qualche consiglio che cerco di darmi.
📲 1. Appena 2 lavoratori su 10 si sentono realizzati. Secondo il Report Gallup 2024, solo il 23% dei dipendenti a livello globale si sente coinvolto nel proprio lavoro.
🇮🇹 2. Noi italiani siamo messi peggio. Il dato sui dipendenti che si sentono coinvolti e realizzati in Italia crolla ad appena l’8%.
👨💻 3. Ci sentiamo soli. Il 20% dei dipendenti riferisce di sentirsi solo ogni giorno, con percentuali più elevate tra i giovani sotto i 35 anni (22%) e tra i dipendenti completamente in remoto (25%) rispetto a quelli che lavorano in sede (16%).
👋 4. Il «Quiet quitting» è una cosa seria.
È la versione 2.0 della Great resignation: lavorare il minimo indispensabile per non farsi licenziare. Niente ulteriori progetti, responsabilità o straordinari: un «abbandono silenzioso» per preservare la propria salute mentale a scapito della produttività esasperata.
E che, diciamoci la verità, abbiamo fatto tutti almeno una volta nella vita. Magari perché frustrati, stressati, in cattivi rapporti col capo. L’ho fatto anch’io ma no, non ero felice e non credo sia la strada per la mia felicità. Come scrive Harvard Business Review, il «Quiet quitting» è un campanello d’allarme fortissimo della crisi della «hustle culture», il mito Usa di dedicare tutta la propria vita al lavoro e che ci ha portato tantissimi burnout.
😩 5. Le prime 5 cause di Burnout hanno un comune denominatore. Per Gallup sono:
Un trattamento percepito come ingiusto
un carico di lavoro insostenibile
una comunicazione non chiara con i superiori
una mancanza di supporto dall’alto
pressioni insostenibili sulle tempistiche.
Se ci pensate, queste prime cinque cause hanno un denominatore comune: il vostro boss. Che sia un capo se siete dipendenti o un referente se siete collaboratori.
📧 6. Fai caso se hai questi sintomi. Demotivazione, difficoltà a dormire, a concentrarsi, a prendere decisioni, irritabilità. E ansia. Tanta, ansia. Ansia di non aver controllato le mail, i messaggi Whatsapp o le ultime Stories sui social.
🛌 7. Istituisci il «cuvet day». È il «giorno sotto il piumino», che ti concedi quando ti alzi e - nonostante fisicamente stai perfettamente bene - non ti senti di lavorare o di affrontare la giornata.
Sperando che sempre più aziende lo istituiscano - come il buon Simon Sinek consiglia - io l’ho già istituito per conto mio. Ci sono giorni dell’anno in cui mi alzo e non ho la minima voglia o concentrazione per lavorare. Il mio corpo e la mia mente mi stanno dicendo di fermarmi: meglio ascoltarli gentilmente. Perciò, compatibilmente con tutte le responsabilità che ho da sbrigare, rinuncio a fare qualsiasi cosa di produttivo per tutta la giornata, senza il minimo senso di colpa: esco, vado in palestra, vedo gente, faccio cose. Chissene.
🛑 8. Fai pause. Personalmente sto cercando di applicare (con fatica) la tecnica del pomodoro: 25 minuti di lavoro intenso e senza distrazioni, 5 minuti di pausa. Mi sto aiutando con Otto, un’estensione di Chrome che fa da timer e blocca pure i social durante le sessioni di lavoro.
📵 9. Prova a disintossicarti. Forse il passo più difficile ma il più importante. Togliere le notifiche e decidere quando consultare il telefono. È incredibile quanto la vita possa migliorare senza le continue interruzioni e trilli del cellulare.
🗓 10. Programma su Calendar la giornata che sogni, non quella che «devi» fare. Forse il video che più mi ha influenzato sulla gestione del mio tempo. Ve lo faccio partire da quando parte a parlare di Google Calendar, ma vi consiglio di guardarlo tutto
🧶 11. Occhio al concetto di equilibrio vita privata/lavoro. Ovviamente ognuno fa quello che vuole, ma io sono parecchio d’accordo con Simon Sinek, secondo cui vita privata e lavoro non vanno considerate due forze opposte che si annullano a vicenda (tipo massacrarsi di lavoro per poi farsi una settimana di vacanza): vanno amalgamate nel corso della giornata.
✋ 12. Convinciti che un «No» è solo l’inizio di qualcos altro. Molto probabilmente te lo meriti, ma Contestualizza ogni No al momento presente e rifletti sul fatto che non è in grado di influenzare in maniera irreversibile il tuo percorso umano e la tua carriera.
Vale anche per la risposta che personalmente non sopporto: la non risposta. Vi capisco e lo ripeto a tutti coloro che mi scrivono quando si lamentano di quanto vengono pagati male o di referenti che magari non rispondono alle mail.
E in bocca al lupo ;)
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A giovedì!
Non posso che essere d'accordo con questa affermazione: imparare a dire "No" ti libera da un sacco di questioni che appesantiscono solamente la tua vita, e ti permettono di "respirare a fondo" e di riprendere coscienza di te stesso. Grazie come sempre per i bellissimi spunti di riflessione e approfondimento! 😊❤️
Da leggere assolutamente (a parte i troppi riferimenti a Sinek 😋)