Ho una parola per te 👉 Recommandation media
Gli americani dicono che non siamo più nell'epoca dei social media, ma dei recommandation media
E buongiorno, sono in ritardo ma per una bella notizia.
Ho passato il mercoledì a scrivere e registrare una puntata extra di Cosa Resta, il podcast di Will dedicato alla storia di Falcone e Borsellino. Uno specialino sula cattura di Messina Denaro. Lo troverete qui a partire da stasera!
A proposito di buoni propositi - c’era quello di parlare sempre più di social e democrazia - questo venerdì alle 12 sarò ospite di Alessandro Cattelan a Radio Deejay: parleremo di Sociability e di come la rete sta cambiando l’informazione e l’attivismo, tra ideologie Woke, Cancel Culture e polemiche da 24 ore.
E a tal proposito, parliamo di una nuova parola!
Partiamo dalle basi.
📲 Cosa sono i social media
Michael Mignano, co-founder di Anchor e angel investor della Silicon Valley, li ha definiti così:
Social media is content (text, photos, videos, audio, etc) that is distributed primarily through networks of connected people.
Nei social media la competizione è basata principalmente sulla popolarità, anziché sulla qualità del singolo contenuto. Più grande è la rete del creator, più grande sarà il potenziale della distribuzione dei suoi contenuti.
🤬 Gli «svantaggi» dei social media
Ma sempre secondo Mignano, questo flusso ha due svantaggi.
1) l’effetto echo chambers
«La diversità di pensiero, per il design stesso dei social media, è penalizzata. Quando si concretizza, magari attraverso i commenti, incontra opposizioni e resistenze, creando polarizzazione e conflitto».
2) La probabilità di ritrovarsi nel feed contenuti non interessanti
«Solo perché qualcuno può distribuire i suoi contenuti a molti amici, non significa che quei contenuti saranno ritenuti interessanti da chi li guarda. Per questo, nel tempo, i social network hanno iniziato a mostrarci contenuti non solo sulla base delle nostre relazioni ma in base all’engagement».
🔢 I recommendation media
E qui, entriamo nel campo dei recommendation media.
Se nei social media i contenuti ci venivano proposti principalmente in base alle nostre relazioni sociali, nei recommendation media ci vengono proposti principalmente in base alle raccomandazioni di un algoritmo.
TikTok, per capirci, e tutti quelli che gli stanno andando dietro.
La TikTokizzazione di internet potrebbe consolidarsi nel 2023. Se sul feed di Facebook appena il 15% dei contenuti che vedevamo era prodotto da persone che nono conoscevamo (una percentuale più alta su Instagram), entro la fine del 2023 dovremmo vedere il 30%. Almeno questo era l’obiettivo di Meta prima della sollevazione popolare «Make Instagram Instagram again».
🤷♂️ Si può fare community nei recommandation media?
Non ho dati su TikTok, ma da una personalissima esperienza (sì, ci passo ore) credo che quella percentuale salga all’80%.
Il fatto che mi fa pensare è questo: anche se apprezzo tantissimo quel contenuto che mi viene mostrato su TikTok, durante la mia experience non mi viene neanche l’istinto di cliccare sul tasto «Segui il Creator». Per pigrizia, abitudine e fiducia nell’algoritmo. Perché so già che l’algoritmo ha già ricevuto sufficienti informazioni per capire che quel tipo di contenuto mi piace e me ne proporrà altri simili. La conseguenza di questa piccola omissione può essere enorme: il progressivo calo di considerazione dell’utilità del following.
Brian Morissey, attento osservatore, ha sostenuto che secondo cui i «recommendation media» sono il futuro persino in piattaforme come Twitter. Qualche giorno fa ha fatto un tweet con una battuta sul rapporto tra i newyorchesi e lo stato del New Jersey.Il tweet è diventato virale:
1,3 milioni di views
12,500 interazioni
e appena 4 nuovi follower.
«Questo è quello che il successo appare nel mondo dell’algoritmo». La vera domanda sarà se sarà possibile costruire community nei recommandation media, in cui il successo è quello di una singola performance.
Lo noto ogni giorno nel mio piccolo sul mio TikTok. Con una 50ina di video avrò raggiunto 1,2 milioni di «Mi piace» e 7-8 milioni di visualizzazioni.
Che però si sono convertite in appena 35 mila follower.
📺 È il grande ritorno della tv
Andrea Girolami sulla sua newsletter Scrolling Infinito ha fatto un parallelo bellissimo tra i recommendation media (Youtube, TikTok e Meta) e l’oggetto a cui non avremmo mai pensato di paragonarli: la televisione.
«Alzi la mano chi aprendo TikTok non ha avuto la sensazione di sintonizzarsi su una di quelle reti locali che hanno fatto la fortuna di vecchi programmi come Mai dire TV. C’è la cartomante, il comico in erba, l’imitatore e ballerini più o meno sguaiati. YouTube o TikTok non sono più un network di persone quanto una raccolta di show ordinati in account personali. All’interno di questi possiamo trovare una o più rubriche che si ripetono regolarmente così come avviene in un qualunque palinsesto tv».
📺 La curatela editoriale
La similitudine più importante tra recommendation media e canali televisivi lineari però non è nella natura dei contenuti quanto nella loro distribuzione, continua Andrea.
«Tutti abbiamo l’amico o l’amica che tornatati dal lavoro continuano ad accendere la tv spiegandoci che almeno così “non devono scegliere cosa guardare”. Proprio la curatela editoriale è l’asset più importante che permette ai vecchi canali lineari di continuare ad esistere. Alla stessa maniera aver tolto la fatica della scelta è stata la più grande innovazione di TikTok, tanto che tutte le altre piattaforme, Instagram in primis, seguono a ruota.
Quando apriamo TikTok e ci ipnotizziamo davanti l’ennesima challenge sparisce il senso di colpa di consumare una sonora cazzata. TikTok ha scelto per noi cosa vedere: non è colpa nostra se continua a propinarci questo genere di video».
🙌 Pezzi belli belli
👰♂️ Gran fotoreportage: gli addii al celibato.
💻 «Hey! Stai leggendo questo articolo da 11 secondi…». Capolavoro del NyTimes per raccontare come sempre più aziende stanno tracciando la produttività dei loro dipendenti.
👶 Forza dai. Adesso voi mi dite qual è la faccia vera e quale quella inventata dall’Ai.
🍺 Un altro capolavoro grafico dei miei miti di Ceros: gli Oscar alle più belle lattine di birra.
❄️ 10 anni dopo lo Snowfall del Nytimes, uno speciale fighissimo su a che punto è il Visual journalism nel mondo.
🧳 Come mettere nero su bianco - e con una certa progettualità - le tue ambizioni.
⚒ Tools & How-to
Wochit è uno dei programmi di editing video più usato dai giornalisti e dalle redazioni al mondo. L’ho usato per parecchi mesi anch’io quand’ero a Vanity, per produrre video Instagram. La figata è che è tutto un trascinamento facile facile. Adesso è tornato alla carica con tre nuove feature, tra cui òa trascrizione automatica degli audio. Se volete provare una demo, scrivete a max.bergstrom@wochit.com, e dite che vi mando io. Non ci guadagno niente eh, ma così vi tratta bene.
Come proteggere il vostro tempo e le 4.000 settimane della vostra vita. Tipo, dite di no in questo modo…
Volete iniziare a scrivere un diario? Journal è un’app parecchio figa per farlo.
Sunsama è un daily planner a metà tra Google Calendar e Trello. Interessante.
Oh yes, un’estensione per vedere le tariffe aeree più basse.
Ma sfruttiamo quest’Ai per farci fare finalmente le presentazioni in Powerpoint.
💵 Work
Freeda cerca un Copywriter.
Fanpage un Editor.
L’Oréal un Social manager.
Skuola.net vuole un Head of content.
Qonto un Copywriter.
Miyagi pure.
Publirose un Editor video.
Daje, tecnicamente sono i giorni più bui dell’anno, perciò vi auguro di passarli nel modo più divertente possibile.
A giovedì!