E buongiorno!
Vi scrivo da Roma, bellissima zona Termini!
Mi fermerò qui un po’ di giorni per alcuni eventi e ne approfitterò anche per un po’ di incontri! In effetti non ci ho pensato, ma a settembre vorrei fare un nostro incontro a Roma, tipo Meet Digital Journalism. Anche per aggiornare la nostra mappa dei bar per lavorare a Roma!
E per finirla con questo milanocentrismo, damn.
🚨 Io e Ale Orsini stiamo preparando un regalone per voi:
la Raccolta delle cose belle belle per l’estate.
Rispondi a questa mail e consigliami una cosa figa per migliorare nel lavoro, nella creatività o nella vita. Un libro, un video Youtube, una canzone, un documentario. L’importante è che vi prendiate due righe per descriverne bene il contenuto e il motivo per cui lo consigliate. Dai scatenati!
Anyway, partiamo subito che siamo caldi!
😱 La paura delle shitstorm
Ieri sera parlavo con una collega, una delle persone più pacate che conosca. Mi raccontava di come tra le preoccupazioni professionali sue - e di altri colleghi - da qualche tempo avesse fatto irruzione una nuova e viscidissima paura: quella per le potenziali conseguenze della pubblicazione di un proprio contenuto non allineato alla maggioranza social.
O non allineato a una minoranza, molto aggressiva, social.
Esempi di conseguenze in ordine di gravità crescente:
👉 insulti nei Dm
👉 insulti nei commenti
👉 shitstorm nell’intero Instagram
👉 richieste di qualche tipo di cancellazione del suo lavoro e della sua persona.
📲 Cos’è il De-platforming
Gli americani che hanno una parola per tutto hanno coniato pure questa:
📓 De-Platforming = togliere a una persona una piattaforma che usa per esprimere le sue idee, che sia una cattedra universitaria, un libro, un posto di lavoro o la presenza a un panel pubblico.
E no, il termine non si riferisce tanto a quei casi già previsti dal codice penale. Ovvero di persone che con i loro contenuti violano (o si suppone con argomentata e ragionevole ipotesi che possano violare) qualche tipo di legge: diffamazione, calunnia, incitamento all’odio e alla violenza, ecc.
Nel suo senso critico il De-platforming si applica anche e soprattutto a persone che non la pensano come noi, che sono ritenute moralmente spregevoli, i cui scritti non sono ritenuti allineati alla maggioranza che ne chiede la cancellazione.
Una pratica opposta al dibattito («Ti spiego perché la penso diversamente») e troppo spesso confusa col boicottaggio.
Boicottaggio è: «Non ti ascolto».
De-Platforming è: «Voglio che nessuno possa più ascoltarti e cerco di toglierti spazi di espressione».
Un po’ quello che sarebbe successo a Roma, dove a seguito di segnalazioni esterne è stato annullato all’ultimo minuto un evento dedicato all’anti-sessismo.
È come se nell’epoca dei social, in cui siamo padroni totali del nostro feed, non ci accontentassimo più di non guardare un contenuto: ma pretendessimo che non lo guardi nessun altro.
😱 Gli «illiberali di sinistra»
Metteteci le paure di sempre più intellettuali e avrete il quadro.
Nel mio libro Sociability, già nel 2022 provavo a capire come siamo arrivati a chiedere la De-platformizzazione e la gogna delle persone per quello che avevano detto.
L’analisi più lucida la trovai in una copertina storica di The Economist, dal titolo: «Sinistra illiberale». Per il settimanale Bibbia dei liberal, tutto sarebbe nato nei campus universitari americani a partire dagli anni Dieci.
Da una parte c’era l’avvento dei social media; dall’altra la salita al potere di Trump e la polarizzazione attorno ad alcune tematiche come quelle razziali. Le posizioni moderate o il confronto tra le parti, su alcuni temi, iniziarono a scemare.
Molti ragazzi, specie nei campus, iniziarono a dividere il mondo in bianco e nero, tra gruppi di oppressi e oppressori.
«Gli illiberali pensano di essere gli eletti per liberare i gruppi oppressi», scriveva The Economist. E in questa crociata, pazienza se c’è da forzare il sistema o da restringere qualche libertà - che sia insultare o de-platformizzare qualcuno - specie se si restringe la libertà di coloro che sono considerati come appartenenti ai gruppi degli oppressori.
Ben presto, la cultura dei campus è penetrata in altri settori della società: media, aziende, politica. Sia per un’influenza culturale, che si è estesa soprattutto tramite i social, sia perché gli stessi laureati iniziavano a entrare uno alla volta nel mondo del lavoro.
🧑💼 Le purghe degli anni 10
Sul finire degli anni Dieci i casi di professori licenziati, di relatori boicottati o di libri non usciti perché non allineati a una determinata visione del mondo o ritenuti «offensivi» hanno iniziato a riempire le cronache dei giornali.
In un suo durissimo manifesto contro la cancel culture, la giornalista
, oggi fondatrice della popolarissima newsletter , scrisse quelle che secondo lei sono le convinzioni di base di questa illiberalità:«Si comincia con lo stabilire che le forze della giustizia e del progresso sono in guerra con l’arretratezza e la tirannia. E in questa guerra le normali regole del gioco devono essere sospese».
«Nell’ideologia woke, la parola è violenza: ma la violenza, quando è esercitata dalle persone giuste nel perseguimento di una giusta causa, non è per niente violenza. In questa ideologia, il bullismo è sbagliato, a meno che tu non stia bullizzando le persone giuste; in quel caso è molto, molto giusto».
🧘 L’ideologia della «rieducazione»
«In questa ideologia, l’educazione non consiste nell’insegnare alle persone il pensiero critico, ma nel rieducarle a cosa pensare. In questa ideologia, il bisogno di sentirsi al sicuro batte il bisogno di parlare sinceramente.
In questa ideologia, se non fai il tweet giusto o non condividi lo slogan giusto, tutta la tua vita potrebbe essere rovinata».
E poi la cosa per la Weiss più importante: in questa rivoluzione, se sei scettico nei riguardi di questa ideologia radicale, allora sei un eretico, additato come bigotto e sottoposto a boicottaggi ed «esami politici».
«Un recente studio del Cato Institute ha rilevato che il 62% degli americani ha paura di esprimere le sue vere opinioni, quasi un quarto degli accademici americani approva l’estromissione di un collega nel caso in cui abbia un’opinione sbagliata su temi come l’immigrazione o le differenze di genere. E quasi il 70% degli studenti è favorevole a denunciare un professore se dice qualcosa che gli studenti trovano offensivo.»
💪 Le nostre due sfide
Ora, credo che in futuro avrò sempre più pressanti due sfide.
Da «creatori di contenuti» (sì, lo siamo tutti), di sbattercene il più possibile dell’autocensura.
Di ignorare (e quando necessario bloccare) qualsiasi persona che continui a richiederci conferme più che dubbi, dogmi più che ragionamenti, che pretenda da noi l’uso di determinati termini e voglia semplicemente usare le nostre parole come sue munizioni.Da utenti che vogliono davvero arricchirsi, forse ancora più difficile, di evitare le scorciatoie intellettuali.
Di ricordarsi di privilegiare e difendere a tutti i costi
l’argomentazione dalla più facile cancellazione,
la complessità morale dalla certezza morale,il dibattito dall’etichetta,
l’inclusione dall’esclusione.
i fatti dai sentimenti,
le idee dall’identità.
💃 Tutti un po’ più leggeri
Il rischio, se non ci riusciremo, sarà una cappa intellettuale e autocensoria creata da quell’«atmosfera soffocante», invisibile e onnipresente.
Che influenzerà non tanto i potenti – quelli che in Italia possono permettersi di dire in tv o scrivere sui giornali cose «rischiose» – quanto le persone comuni.
Nessuno. Cioè tutti noi.
Ma tranqui perché il beneficio, nel caso in cui riusciremo a privilegiare la complessità, sarà tanto intimo quanto potentissimo:
la scoperta di un mondo più complesso,
diverso,
forse inizialmente più difficile da comprendere,
ma che ci renderà tutto sommato
tutti
un po’
più leggeri.
🚨 Ne parliamo a Roma mercoledì?
Contenuto in collaborazione con Future Proof Society
Mercoledì 9 luglio a Roma c’è questo bell’incontro qui. Io sarò presente dalle 10: assieme a un po’ di persone, e moderati dal poco moderato Jakidale, parleremo di Giovani e social! Tra paure, autocensure e uso delle piattaforme.
La giornata poi proseguirà con una ricerca sull’uso dei social, un panel sull’age verification e un pranzo (che male non fa).
Registrati gratuitamente e vieni che ci vediamo là!
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📚 L’hai letto?
Di cosa parla ✍️ Di noi sui social, e di come tutto sia diventato un contenuto
Perché lo consiglio ✌️ Perché è attualissimo e chirurgico nel raccontare come stanno cambiando le piattaforme (e noi lì dentro)
Un passaggio bello 📝 «TikTok è l’infrastruttura tecnologica del turismo della realtà: l’intimità, la sensazione di vicinanza, è una feature tecnologica. In spazi che nascono per le relazioni sociali, TikTok introduce una variabile determinante, che riduce – ma allo stesso tempo amplia, in questo continuo paradosso – la distanza tra chi produce contenuti e chi li guarda».
⚒ Tools
115 libri consigliati da Bill Gates. Non c’è il mio. Dico così…
Un sogno: scrivi la città del mondo, lui ti mette tutti i bar più carini
Fai una domanda, tutte le AI ti rispondono, scegli la risposta che reputi più giusta
Una guida su quali skill sviluppare per rimanere competitivi con l’AI
✍️ P.S.
I link più cliccati della scorsa puntata sono 3) la campagna pazzesca di un’agenzia viaggi 2) 22 lavori che ci toglierà darà l’AI 1) 38 prodotti in offerta su Amazon per i Prime Days
E ciao!
Io, probabilmente sbagliando-non lo so- ho deciso di uscire da IG perché la polarizzazione costante su qualsiasi argomento mi ha messo in difficoltà al punto che stava influenzando il mio umore. E siccome ritengo di non essere quel tipo di persona , non sapendo come fare(no, con me non ha funzionato disinstallare l'app dal telefono e collegarmi solo da browser del PC) ho buttato via il bambino con l'acqua sporca. Penso che i social siano un mondo che apre infinite possibilità e che offra dei contenuti pazzeschi,, ma ultimamente non riuscivo a gestire l'algoritmo come avrei voluto,era lui a gestire me. Quindi ciao ciao Instagram, magari ne riparliamo tra un po', per ora mi tengo substack che mi sembra, per il momento, più adatto a me
Bisogna dare meno peso ai commenti social. E’ la soft skill del giornalista moderno: senso di responsabilità, coscienza a posto e spalle larghe.