Ok parliamo di «parzialità» del giornalista
Se un giornalista dichiara la propria opinione, sta minando la fiducia col lettore oppure no?
Ma buongiorno!
Oggi vi scrivo da Roma, dove mi fermerò qualche giorno per il ponte.
Allora, questa settimana ho lavorato parecchio su un nuovo video Youtube, che immagino vi interesserà. Parla di Elon Musk in love with Donald: influenzerà le elezioni? ❤️
Questa volta per fortuna non ho fatto io le grafiche, ma una figura professionale, e dovreste notare la differenza.
So che Youtube è una maratona, e per me è la cosa più vicina a questa newsletter. Speriamo bene.
Guardate il video, datemi feedback, iscrivetevi al canale e iniziamo bene la giornata!
E ora, partiamo!
🍎 Riassunto del caso Washington Post (se sai già tutto, scorri giù)
Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, ha deciso che per la prima volta dopo 50 anni il giornale non pubblicherà il suo tradizionale endorsement, che era già stato scritto in favore di Kamala Harris.
I giornalisti protestano e attribuiscono la decisione del miliardario ai suoi interessi economici.
I lettori se ne vanno: +250.000 disdette di abbonamento nelle ultime ore.
Bezos si difende: gli endorsement non solo non servono a nulla, ma minano la fiducia dei lettori nei confronti dei giornali, già ritenuti parecchio parziali. Vi consiglio di leggervi la sua lettera integrale.
Ma al netto del caso - ovvero dell’onestà intellettuale del buon Jeff e dell’opportunità che un proprietario decida la linea editoriale in questo modo - la domanda che mi affascina è una:
Se un giornalista dichiara la propria opinione,
sta minando la fiducia col lettore oppure no?
Tema affascinantissimo, su cui ho discusso molto anche con colleghi e su cui mi ritrovo a discutere anche con le persone che mi seguono su Instagram.
🙅♂️ La teoria dei «fatti senza prospettiva»
Come al solito, il migliore a trattarlo è stato Casey Newton sulla sua Platformer. Casey cita Jay Rosen, studioso dei media, che nel 2003 ha coniato la teoria della View from nowhere.
La View from nowhere, che potremmo tradurre con un riportare i fatti senza nessuna prospettiva è un approccio che si basa su tre caratteristiche:
per ottenere fiducia il giornalista deve annullare se stesso, ponendosi in maniera impariale tra i due estremi
questo approccio è la più efficace difesa contro le accuse di parzialità
e permette di ottenere un potenziale riconoscimento universale
🤨 Il problema del non esprimere opinioni
Tutto bello, continua Rosen, tranne un paio di cose.
La View from nowhere potrebbe incoraggiare i giornalisti a doversi sforzare di trovare critiche per entrambe le parti. Se fai una critica ad A, allora devi per forza farla nello stesso pezzo anche a B, mettendo sullo stesso piano due cose che sullo stesso piano non meritano di stare
Costringe i giornalisti a condividere meno di quanto sappiano. Ovvero, a fare tutto il lavoro di comprensione e ricerca per conto loro, per poi fermarsi prima di convidere la loro conclusione con il lettore.
«Se alla fine di un serio lavoro giornalistico (ricerca, verifica, scrittura), sviluppi un punto di vista, esprimere quel punto di vista non minerà la tua autorevolezza.
Al contrario, potrebbe addirittura accrescerla».
✌️ Cosa ci hanno insegnato i blogger
Per Rosen, la tensione verso un giornalismo che mettesse al bando le opinioni si è accentuata nei primi anni 2000.
Erano gli anni dell’ascesa dei blogger: figure spesso non strettamente giornalistiche che pubblicavano sul web pezzi infarciti delle loro opinioni. I giornalisti liquidarono i blogger (antenati dei creator) come cialtroni e per reazione finirono per irrigidirsi in una concezione quasi idealistica dell’imparzialità.
«Eppure i blogger avevano portato alla luce qualcosa di importante. Quando condividi il tuo punto di vista col pubblico, compresi i tuoi valori e pregiudizi, rafforzi il patto di fiducia molto più efficacemente che non condividendolo».
E insomma, per Casey Newton è impossibile seguire un argomento per oltre un decennio e non aver tratto conclusioni al riguardo; fingere il contrario non è credibile.
«L’insistenza di Bezos sul fatto che il Post non pubblichi l’endorsement per Harris è un modo per fingere che i suoi editorialisti non abbiano tratto conclusioni dal loro lavoro giornalistico di questi anni, anche quando tutti sanno che le hanno tratte.
Questo distrugge la fiducia,
non la rafforza».
✍️ Stiamo usando il termine «parzialità» male
Quanto alla «parzialità» del giornalista, cito le parole del mio collega Francesco Zaffarano a proposito di un devastante equivoco nella definizione di cosa voglia dire essere imparziali.
«Imparzialità non è assenza di convinzioni.
È capacità di astrarre dalle proprie convinzioni per guardare ai fatti senza preconcetti e tendendo (tendento) alla più perfetta terzietà possibile».
Dichiarare la propria opinione e saper poi dimostrare con i fatti che si è in grado di fare il proprio lavoro senza farsi condizionare da chi votiamo, è forse la cosa più bella che si possa fare per onorare lo scopo della nostra professione e anche per ricostruire un rapporto di fiducia con i lettori e le lettrici, partendo da una piattaforma di trasparente onesta politico-intellettuale».
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Daje, buona notte elettorale e
a giovedì!
Ciao Francesco, interessante (come sempre lo è leggerti) il pezzo sulla parzialità/imparzialità del giornalista. E aggiungo la mia esperienza di ricercatrice qualitativa su questo tema. Ho avuto occasione di lavorare per la Rai nel 2002 per verificare presso il pubblico l'orientamento verso i programmi di informazione giornalistica in vista del lancio di un nuovo programma. Ho quindi moderato diversi gruppi di discussione in diverse città. Una delle evidenze più interessanti che emersero riguarda proprio la predisposizione ad accogliere una figura di giornalista/conduttore non neutrale. La neutralità venne identificata allora dal pubblico come poco chiara, non funzionale alla completezza dell'informazione e potenzialmente a rischio di manipolazione. Erano tempi ancora non incattiviti da tutto quello che sarebbe nato in seguito e mi chiedo che esiti darebbe oggi uno studio come quello. Anzi, se mai volessi lanciare un progetto in tal senso... mi candido fin d'ora a collaborare :)
Credo che la prima “parzialità” nasca dalla selezione della notizia da raccontare. Non credo poi al concetto di “verità” quanto a quello di “realtà” e apprezzo il giornalismo che prova a raccontarla anche dichiarando in modo trasparente quale ottica (valoriale ad es) utilizza per farlo.