Ecciao!
Sto scrivendo questa newsletter da una casa bellissima nel quartiere di Williamsburg, New York 🇺🇸 dove resterò per una decina di giorni.
💫 Oggi puntata di quelle speciali di Digital Journalism. Venerdì scorso sono stato dentro il Creator Lab della Juventus.
Non so niente di calcio, ma il mio obiettivo era capire come sta comunicando il brand più seguito d’Italia e tra i più seguiti al mondo. Ecco le mie impressioni!
I muri del corridoio sono bianchi e neri: a breve saranno colorati con un po’ di rosa e tanti graffiti. Al piano terra, 4 studi: uno per gli shooting fotografici, due per le riprese video, uno per le dirette Twitch. Di sopra, stanze piene di doppi schermi su cui vanno Photoshop, Premiere e altri software di editing.
La struttura si chiama Juventus Creator Lab: è il nuovo hub costruito a 500 metri dallo stadio, dentro il Training center della società, da dove vengono sfornati i prodotti digitali della Juventus:
1.500 contenuti a settimana distribuiti su 16 piattaforme: 9 «occidentali» e 7 cinesi, tra cui Weibo, WeChat e Douyin.
💁♂️ 30-40 persone. Età media, 25 anni
A lavorarci, tra dipendenti fissi e collaboratori, sono circa 35 persone: designer, videomaker, writer, infuencer, streamer e content creator. Età media, 25 anni.
«Uno di loro ha 22 anni. Gestiva da solo una fanpage della Juve da 1,5 milioni di utenti. L’abbiamo assunto subito. Siamo convinti che i migliori social media manager siano i creator stessi».
A coordinarli ci sono ragazzi poco più grandi, spesso provenienti da realtà non strettamente legate al calcio: Mike Armstrong, il Chief Marketing & Communications Officer che mi guida assieme all’Head Of Digital Media Marco Castellaneta, per esempio viene da Google.
📲 165 milioni di follower
I numeri sono quelli del brand più seguito sui social in Italia, e tra i 10 più seguiti al mondo su TikTok:
165 mln di follower totali (6° club al mondo, il 1° è il Real Madrid)
60 mln su Instagram
45 mln su Facebook
30 mln su TikTok (top 10 brand al mondo)
500 mln di views al mese
👾 L’ispirazione dalle gaming house di LA
Il progetto è ancora in evoluzione, calcolate che gli uffici devono ancora essere rifiniti. Ma si intravede già quella che è la reference principale per lo spazio e l’organizzazione del lavoro: le gaming house di Los Angeles, case con un certo mood che favoriscono la produzione di contenuti da parte di talent residenti (vi ricordate la casa dei TikToker di cui vi avevo parlato?).
Quando chiedo a Mike la sua ispirazione principale per questo progetto, mi cita quella bomba di Fazeclan, progetto di gaming ed entertainment di Los Angeles.
Quando lo chiedo a Marco, mi spiega che ogni mese i ragazzi fanno una riunione in cui portano case studies esterni: più che squadre di calcio, portano talent show come X Factor e Masterchef. Perché in fondo anche qui, parliamo di trend e di highlights.
La linea editoriale, dicono, non si ispira tanto a quella delle altre squadre, ma a quella di protagonisti dell’entertainment come Disney ed WWE.
🌎 La community è per il 92% non italiana
Per capire la strategia, partiamo dalla community: è composta per il 92% da persone non italiane. Fanbase fortissima in Sudamerica, Indonesia, Brasile e Argentina.
Obiettivo geografico 👉 allargarsi negli Stati Uniti, mercato promettentissimo (yep, pare che la Cina abbia un po’ rallentato la sua corsa in seguito a un raffreddamento degli investimenti statali). «Prevediamo una crescita organica del calcio in Nord America per l’effetto Messi, per i Mondiali 2026 e per le Olimpiadi2028».
Obiettivo di genere 👉 conquistare nuovo pubblico femminile: a oggi è circa il 10%, ma specie sulle piattaforme più «giovani» come TikTok la differenza di genere è meno marcata.
⚽️ La strategia: da football team a «icona»
Da qui la strategia, per posizionarsi sì come football club, ma soprattuto come «icona». È una prosecuzione con altri mezzi del rebrand iniziato nel 2017 - quello col logo minimalista della J, più povero di riferimenti alla città di Torino o al calcio - e che magari fa sì che vi ritroviate sul profilo Instagram della squadra una serie di scatti a cura del fotografo di moda Giampaolo Sgura.
Ogni 10 contenuti, 5 sono di calcio giocato (sicuramente i più likati).
5 invece sono storie di ampio respiro: le narrazioni personali dei giocatori, il cartone animato Team Jay, le imprese della squadra di e-sports Dsyre e produzioni per le piattaforme.
Le percentuali cambiano a seconda delle piattaforme: se i profili X, Facebook e Instagram - con una community quasi tutta maschile e più grande - sono pieni di contenuti di calcio giocato, la pagina TikTok - con una community più giovane e una maggiore presenza femminile - può permettersi di essere più generalista e ospitare appena un contenuto «puro» a settimana.
🎥 I long-form per le piattaforme OTT
Tra i contenuti di più ampio respiro, i long-form. «L’obiettivo è produrre internamente una grande storia al mese». Tra le produzioni originali, un documentario di 75 minuti su Federico Chiesa venduto ad Amazon Video; la storia di rinascita di un atleta con la Sindrome di Guillain-Barré, oggi al debutto in serie B; una serie in verticale sulla seconda squadra sviluppata nativamente per TikTok.
💸 L’investimento spiegato
La cosa che più mi ha affascinato è la contaminazione tra arti e creatività diverse. Che mi fa chiedere, un pomeriggio e decine di domande dopo, una cifra sull’investimento totale del Creator Lab. I boss si sono sbottonati, ma hanno spiegato che l’investimento è funzionale a tre cose.
1) Aumentare il valore social del brand Juve anziché quello dei giocatori. Da qualche tempo c’è una strategia di affrancamento dalla comunicazione player-centered (neologismo mio, ma mi piace), ovvero quei piani editoriali concentrati esclusivamente sulla popolarità dei giocatori della squadra. Una strategia tanto efficace quanto fragile, visto che è un prodotto derivato. Meglio rafforzare il brand Juve, per attutire i contraccolpi dalla dipartita del Ronaldo di turno.
2) Aumentare gli introiti pubblicitari. Ovvero far salire il valore dei classici investimenti dei brand nei confronti della Juve.
3) Aumentare i fan nel mondo. Qui Mike mi dice una cosa molto interessante. «Per la prima volta nella storia dello sport, il driver principale nell’acquisizione di fan non sono più i genitori, ma i contenuti sui social».
Questa è la prima generazione che non eredita automaticamente la squadra per cui tifare dal padre, ma la sceglie in base alla sua interazione con i contenuti di quella squadra stessa: che siano una prodezza del suo attaccante o un reel postato dal suo team di creator.
Eccolo, il senso di questa cosa qua.
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