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Parliamo ancora di J. K. Rowling. E di noi

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Parliamo ancora di J. K. Rowling. E di noi

Hai mai fatto ricorso all'autocensura?

Francesco Oggiano
Feb 23
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Parliamo ancora di J. K. Rowling. E di noi

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E buongiorno!
Partiamo con una bella notizia: ho iniziato un videopodcast!

Si chiama Show Off, è una co-produzione Will-Sky: 10 puntate, 10 temi, 10 ospiti per capire come i social, i podcast, la comicità e altre forme di intrattenimento stanno cambiando e a volte accompagnando un mondo in continua evoluzione.

La prima puntata di Show Off: «Come stanno cambiando le serie Tv», con Salvatore Esposito. Dalla foto si capisce come devo imparare a tenere le mani a posto.

In una delle prossime puntate vi racconterò un po’ di retroscena e soprattutto cosa ho imparato: prima cosa, devo tenere le mani a posto.

Intanto ascoltatevelo, vedetevelo, datemi dei feedback spietati.

E se vi piace cliccate sulla campanella per seguirlo e mettetegli ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️, così i boss sono contenti e io posso chiedere l’aumento (Hi mr. Murdoch, my name’s Frank Oggiano).

E ora, iniziamo!


Vi sto scrivendo da Roma. Due giorni fa ho partecipato a un bellissimo incontro nella casa editrice Laterza su come sta cambiando l’informazione (ho visto in faccia Paolo Pagliaro. Emozione).

Tra le altre cose, abbiamo parlato anche della paura di scontentare il pubblico, ed è così che nasce questa newsletter.

😳 La paura nell’epoca del giornalismo social

Dopo la scorsa puntata dedicata a J.K. Rowling, almeno due colleghi che stimo moltissimo mi hanno confessato di essersi frenati sull’argomento per paura delle reazioni della community. E li capisco.

C’è come questa paura nell’epoca del giornalismo social, che vi confesso ho avuto più volte anch’io: scrivere qualcosa di “spiacevole”. Letteralmente: scrivere qualcosa che potrebbe non piacere ai lettori. Per paura di rovinare loro una storia perfetta, di sfumare i ruoli di eroi e antagonisti, di stoppare l’indignazione e conseguentemente perdere like, smarrire follower, alienarsi simpatie o, peggio, finire al centro di una shitstorm in rete provocata da qualche influencer che si è sentito offeso dalle nostre parole.

📅 La mia settimana di paura

Per la prima volta nella storia, siamo preoccupati non solo e non tanto dalla censura che potrebbe arrivare dall’alto (da un politico, un finanziere, un inserzionista) ma da una sorta di censura dal basso.

La tentazione per evitare la «censura dal basso» è di ricorrere allo strumento di difesa più comodo e conveniente: la rinuncia alla complessità.

Ovvero la peggiore forma di censura: l’autocensura.

L’ho vissuta anch’io questa settimana.

Mercoledì pomeriggio mi sono accorto che avevo timore a scrivere una newsletter sul caso J.K. Rowling.

Giovedì pomeriggio mi sono accorto che avevo timore nel preparare il relativo post Instagram.

Venerdì pomeriggio mi sono accorto che continuavo a refreshare il mio Ig nel timore di essere finito al centro di una shitstorm.

Ieri pomeriggio, a Roma, mi sono accorto di cercare scuse per abbandonare l’idea di ritornarci su in questa puntata.

E ieri sera, davanti a una birra, il Mac e le polpette, mi sono accorto che questa cosa non va bene.

🤬 Il timore di deludere o irretire qualcuno

Che ben venga il timore sano, quello che ci fa crescere come uomini ed esprimere le nostre opinioni nel modo più rispettoso, intellettualmente onesto e inequivocabile possibile.

Ben venga persino il timore di deludere o irretire qualcuno.
Purché non mi porti a rinunciare a trattare temi e concetti.

Purché non si affianchi a insicurezza, autocensura e narcisismo, rosicchiando viscidamente qualsiasi mia minima vivacità intellettuale. Perciò, visto che la scorsa puntata ho parlato di quello che non mi piace, oggi volevo parlare di quello che mi piace.

🇺🇸 Cosa sta succedendo al NyTimes

Anzitutto, sono uscite le prime due puntate del podcast mega atteso di J.K. Rowling. Nel secondo episodio parla delle sollevazioni scoppiate contro la saga di Harry Potter a cavallo tra i 90 e i 2000. Diversi gruppi estremisti cristiani trovarono quelle storie peccaminose e pericolose per i bambini: produssero film, organizzarono sermoni, raccolsero firme per togliere i volumi dalle scuole e dalle librerie. E sì, bruciarono pure i libri.

New Mexico, 2001. Gruppi di estremisti cristiani che bruciano i libri di Harry Potter considerati «peccaminosi».

Al New York Times sta succedendo un casino: più di mille collaboratori hanno criticato il modo del giornale di coprire determinati temi. La testata ha indirettamente risposto con un Op-Ed di Pamela Paul. Titolo piuttosto esplicito: In defence of J.K. Rowling.

Attacco:

”Trans people need and deserve protection.”
“I believe the majority of trans-identified people not only pose zero threat to others but are vulnerable.”
“I respect every trans person’s right to live any way that feels authentic and comfortable to them.”
“I feel nothing but empathy and solidarity with trans women who’ve been abused by men.”

These statements were written by J.K. Rowling.

Passaggio chiave.

Questa campagna contro la Rowling è tanto pericolosa quanto assurda. L’aggressione a Salman Rushdie ci dovrebbe ricordare di cosa può succedere quando gli scrittori sono demonizzati. E nel caso della Rowling, la sua caratterizzazione di persona omofoba non coincide con le sue reali opinioni.

Storia più forte.

Nel 2022 E.J. Rosetta, giornalista che aveva denunciato la Rowling di transfobia, si vide commissionato un pezzo dal titolo “20 frasi transfobiche di J.K. Rowling di cui non ne possiamo più”. Dopo 12 settimane di letture e ricerche, Rosetta scrisse, “Non ho trovato un singolo messaggio veramente transfobico”. Su Twitter ha dichiarato, “State bruciando la strega sbagliata”.

Naturale che poi in altrettante migliaia abbiano voluto controbattere alla Paul scrivendo al New York Times.

Che, per tutta risposta, ha creato un altro contenuto con quelle risposte, riappropriandosi per un giorno del ruolo proprio dei giornalisti e degli intellettuali:

parlare, scrivere, dibattere, civilmente litigare.
Metterci onestamente in difficoltà e confrontarci.
Con gli altri.
E prima di tutto con noi stessi.


👩‍💻 La mappa dei posti più belli per lavorare a Roma

La mappa interattiva dei posti più belli per lavorare a Roma.

Nella scorsa newsletter vi ho chiesto un po’ di consigli di bar per lavorare a Roma. Me ne sono arrivati tantissimi (grazie!). Perciò ho raccolto i più citati in questa mappa interattiva, che possiamo usare tutti e condividere.


🙌 Pezzi belli belli

A black and white photo of an all-female band performing on stage.

🎸 Le donne che hanno fatto il grunge. Oh yeah.

🎹 A proposito di musica. C’è una canzone in AI che ha fatto 100mln di stream.

🤯 Ma capiamo come TikTok sta cambiando il linguaggio.

Twitter avatar for @lucianocapone
Luciano Capone @lucianocapone
Da questi pochi secondi di confronto si vede che dietro all’immagine pop c’è molta preparazione, capacità di analizzare i problemi in un’ottica complessa, zero voglia di offrire agli elettori soluzioni demagogiche e semplicistiche. Bravo @ShooterHatesYou!
8:17 PM ∙ Feb 20, 2023
2,306Likes156Retweets

🤔 Una bella chiacchierata. In questi 110 secondi Breaking Italy controbatte parecchio bene a Elly Schlein.


⚒ Tools & How-to

Volete addormentarvi? Ascoltate questi cantanti (scusa Billie Eilish).

Calendario per minimalisti.

Wonder Tools
Try these Google Docs Tricks 🪄
Welcome to today’s Wonder Tools 💌 newsletter. I’m Jeremy Caplan. When I’m not writing these posts, I’m director of teaching and learning at CUNY’s Newmark Graduate School of Journalism. If you’ve got a new project you’re developing, consider applying by Sept 6 to our online 100-day…
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7 months ago · 23 likes · 5 comments · Jeremy Caplan

Vuoi essere più produttivo? Prova la Eisenhower box!

Massì. un bel tracker per capire quanto lavoriamo.


💵 Work

Freeda cerca uno Strategist.

We are social un Writer sportivo.

Fri un Copywriter.

Santoni pure.

Alanews vuole un Redattore.

Generali un Social media manager.


Daje,
fatemi sapere se vi piace il podcast. E ci sentiamo giovedì
.

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2 Comments
Gianluca Gheriglio
Writes Gianluca’s Substack
Feb 23

Fraoggiano condivido la tua riflessione. Si crede, infatti, che assecondare il politically correct possa far crescere valori apprezzabili e migliorare le persone. Spesso invece preclude la possibilità del confronto e del dialogo. Questa autocensura preventiva radicalizza le posizioni di partenza e impedisce la possibilità di comprendere altri punti di vista, allargando la reciproca visione delle cose. Questo crea un mondo migliore? Non credo.

Infatti, i luoghi di dialogo si restringono e aumentano quelli dello scontro. Mi colpisce che anche la manifestazione di un proprio stato d'animo venga interpretata come una manifestazione d'intolleranza o di omofobia.

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simoneriflesso
Writes simoneriflesso’s Substack
Feb 23

Visto che torni sullo stesso tema usandolo come pretesto per parlare di questa fantomatica “autocensura” e “censura dal basso”, prendendo nuovamente di fatto le difese di J K Rowling senza prendere di riferimento le critiche, ma utilizzando la voce di chi ti è utile per dare veridicità ai tuoi argomenti, riproviamoci.

Quanto è intellettualmente onesto non prendere in considerazione le critiche di una comunità marginalizzata di cui non fai parte, a cui non hai dato voce e che hai a malapena nominato?

Fornire un racconto parziale, riducendo proteste e rivendicazioni della comunità trans e dei suoi alleati a “qualcosa che potrebbe non piacere ai lettori“ è il tuo modo di “abbracciare la complessità”?

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